COME LA NEVE

Consapevolezza, allegria e cuore…

Consapevolezza, allegria e cuore…

Ecco le tre cose che troverai facendo un corso di escursionismo con Claudio e Rodolfo.

Una bambina si aggirava per boschi con il suo papà a cercare il muschio per il presepe. Succedeva tutti gli inverni pochi giorni prima di Natale. L’obiettivo era fare un presepe bello che sapesse di vero e autentico.

Una bambina, d’estate, si aggirava per ruscelli in cerca di rane. Questa volta l’obiettivo era andare sempre per boschi ma lungo i corsi d’acqua per vedere i girini, quelli che sarebbero diventati delle ranocchie allegre e gracchianti.

Una bambina è cresciuta ma continua ad andare per boschi…Il suono dei ruscelli, il profumo della terra bagnata, l’odore del pino sempre verde e il vento sulla faccia sono le sensazioni che ricerco ogni volta che entro in un bosco o scalo una vetta.

Sarà perché mio padre è stato un bravo insegnante. Non mi spiegava tutto, anzi lasciava ampio spazio al silenzio così che io potessi riempirlo di ciò che per me sarebbe diventato importante. Quei silenzi oggi sono pieni di respiri della natura. Sarà che sono cresciuta a pane e Il Signore degli Anelli, per cui ogni volta che cammino tra gli alberi mi immagino di essere nella foresta di Loth Lorien nella Terra di Mezzo. Sarà che alcune cose le scegli ma altre le accogli come parte di te, come se fosse qualcosa di grande che ti chiama a contemplare la vita. Sarà… ma una cosa è certa: siamo siamo bipedi perché camminiamo. Il nostro assetto, la nostra natura ci dice che non strisciamo sul ventre, che non saltiamo come canguri, che non abbassiamo lo sguardo per camminare a quattro zampe come il gatto, il cane, il leone, la mucca, ma guardiamo mentre camminiamo con un orizzonte diverso, una consapevolezza razionale che ci distingue e ci eleva dal resto degli esseri viventi. Siamo uomini. Guardiamo quello che ci è stato dato in dono per Grazia. Sappiamo avere uno stupore ogni volta rinnovato per un fiore, un canticchiare degli uccelli, il rumore dolce e soffice della prima neve sotto i piedi che sembra qualcosa di immacolato e vergine che quasi verrebbe da chiedere il permesso per camminare. Il nostro cervello è in grado di rielaborare, quello che vediamo, quello che sentiamo con l’olfatto, quello che sentono i nostri piedi sotto le scarpe, quello che tocchiamo, i rumori che percepiamo con le orecchie. Milioni di sinapsi, le connessioni celebrali, si creano nel nostro cervello quando i nostri sensi sono immersi negli stimoli e la nostra amigdala prova piacere intenso. E ciò che i sensi ci permettono di scoprire viene tramutata in una esperienza che si registrerà nella nostra memoria attraverso l’emozione che quel momento ha suscitato. Ogni volta che sentiremo quei profumi o quei paesaggi ci verranno in mente le esperienze ad essi collegati. Ci verranno in mente le risate tra amici, quella volta che è piovuto cosi tanto che anche le mutande erano bagnate, quella volta che hai caricato cosi tanto lo zaino che al primo km ti sei fermata e un amico ti ha dato una mano, quella volta che ti sei persa e sarebbe sicuramente finita perché saresti stata, senza dubbio, la cena del primo lupo della zona, quella volta che hai avuto paura e la testa ha dovuto coordinare le gambe e il cuore per arrivare a destinazione.

Mi piace andare in montagna per il sospiro di sollievo che si ha raggiunta la vetta, come se tutto ciò che mi sono portata dietro, preoccupazioni, ansie, insoddisfazioni potesse scrollarsi di dosso con una espirazione a polmoni vuoti. Ma soprattutto amo andare in montagna perché durante la salita magari impegnativa senti i pensieri che si affollano, si sa che camminare aiuta a pensare. Allora provi ad andare ancora più su, c’è più fatica, più sudore; più rumore interno da gestire, quasi ti pulsa la testa e va allo stesso ritmo del cuore. Più forte, sempre più forte. Finchè c’è un momento in cui c’è il nulla, silenzio, tutto prende ordine, prende una forma gentile. È un momento di assoluta pace. C’è sempre. E ogni volta che la voglio riprovare so che strada devo fare. So che è il mio catalizzatore creativo. Ogni volta che ne ho bisogno devo fare appello al Creato per uscire dalle mie logiche, dai miei schemi e poter accedere a una parte inconscia che mi darà risposte efficaci.

Formarsi per andare in montagna è necessario sempre anche quando reputi di potertela cavare da sola perché aumenta la consapevolezza che quel dono che ci è stato dato è in prestito e ne possiamo gioire e godere ma che ha bisogno della nostra cura, della nostra protezione. La natura ha bisogno di persone che sappiano come trattarla, come proteggerla e come usufruirne senza ucciderla. Non c’è rivoluzione che non passi dalla educazione, e non parlo solo di sapere che la buccia di banana è biodegradabile ma te la devi portare a casa. Parlo di quella sensibilità, che si acquista nel tempo e con persone che ti formano, che ti fa intuire che è il vero peccato è che non tutti sono in armonia con ciò che li circonda, che non tutti sanno della preziosità del guardare un’alba con lo stupore di veder nascere ancora una volta il sole, che non tutti sanno di essere in qualcosa di magico ma reale che chiamiamo “natura”, non tutti sanno di poterne godere per amare, amarla e amarsi. Mi piace pensare che tutti invece possiamo essere come la neve, che cade dolcemente sul terreno e che rende tutto più bello e incantato ma che sa che la sua principale funzione è quella che quella neve, una volta disciolta, diventerà acqua e andrà a nutrire la terra su cui è caduta. Anche noi che siamo “caduti” su questa terra per miracolo possiamo rendere bello il nostro cammino dando alla nostra Terra l’amore di cui ha bisogno.

Rita

Lascia un commento